L'origine di Secugnago, presumibilmente celtica come si può dedurre dalla desinenza in "-ago", è forse collegabile alla presenza di una stazione di sosta lungo un'importante strada di comunicazione. Menzione del borgo si trova nella vita di San Siro , vescovo di Pavia, che si dice avesse predicato il cristianesimo in questa zona attorno all'anno 69, nonché nella vita di San Gaudenzio, vescovo di Novara; quest'ultimo, secondo la leggenda, di ritorno da Roma avrebbe soggiornato in Secugnago durante una fredda giornata di gennaio del 407. Erano appena passati gli eserciti dei goti, che avevano depredato ogni cosa, per cui non avevano niente da offrire al pellegrino. San Gaudenzio fece allora gettare alcuni semi nell'orto vicino al forno pubblico, e in men che non si dica spuntarono delle rape; quindi, ripetendo il miracolo di Cana, cambiò l'acqua in vino con un segno di croce.
Secugnago fu compreso fra i beni donati da Liutprando al monastero di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia; dopo il mille entrò a far parte delle proprietà dei vescovi di Lodi, che nel XII secolo ne investirono la famiglia dei Tresseni. Nel 1299 il vescovo Bernardo Talenti lo affittò ad Antonio Fissiraga, signore di Lodi, ma nel 1344 il vescovo Luca Castelli fu costretto a concedere questa terra al figlio naturale di Luchino Visconti, Bruzio, che era governatore di Lodi; il successore di questo, però, non volle restituirla, tanto che il vescovo intentò una lite per rientrarene in possesso. I vescovi continuarono ad affittare i poderi di Secugnago nel corso dei secoli XV-XVII a famiglie lodigiane ( in successione i Lodi, i Carpani, i Maldotti, i Museffi). Anche i Visconti, tuttavia, si arrogavano il diritto di investire il feudo ad illustri casate a loro fedeli. Dopo la venuta dei francesi nel ducato di Milano, Luigi XII lo assegnò ai Baggi e poi ai Bertoglio, che lo tennero fino alla soppressione dei diritti feudali.
L'edificio che più di ogni altro domina l'abitato, è quello della chiesa parrocchiale di San Gaudenzio, una costruzione monumentale in stile neogotico lombardo, molto elaborata, eretta dal 1928 al 1930, dall'ingegnere Noli di Lodi sull'area della chiesa precedente che doveva essere di stile settecentesco e a una sola navata. L'attuale è a tre navate coperte da volte ogivali poggianti su colonne con capitelli intagliati a fogliami; sia la facciata che l'interno rispecchiano il gusto dell'imitazione medioevale che imperava nell'architettura dei primi decenni del 1900. Le finestre a sesto acuto del coro hanno belle vetrate istoriate, eseguite nel 1941 dalla vetreria Malaspina di Lodi, mentre quelle delle navate laterali, illustranti i miracoli di San Gaudenzio, sono state aggiunte in seguito. Nel tempio si conservano opere della chiesa più antica: due statue lignee barocche, la Vergine e San Gaudenzio, una Via Crucis, una tela raffigurante la morte di San Giuseppe, seicentesca, i confessionali e un pregevole armadio di sagrestia di bella linea settecentesca.